Le Religioni in Italia
Massimo Introvigne – PierLuigi Zoccatelli (sotto la direzione di)
L’ESERCITO DELLA SALVEZZA
Esercito della Salvezza
Via degli Apuli, 42
00185 Roma
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William Booth (1829-1912) nasce a Nottingham, figlio di un costruttore edile. Il fallimento del padre lo mette presto a contatto con le dure realtà della vita; trova conforto nella religione e a quindici anni diventa un membro attivo della Chiesa metodista wesleyana, dove sarà più tardi ordinato pastore. Si trasferisce a Londra per dedicarsi all’apostolato a tempo pieno, e qui incontra la futura moglie, Catherine Mumford (1829-1890). I due si sposano nel 1855. Nonostante i successi ottenuti come predicatore itinerante, i rapporti di Booth con la Chiesa metodista si deteriorano, non solo per la sua adesione a dottrine holiness ma anche per il desiderio di sperimentare nuove e non tradizionali forme di evangelizzazione a vantaggio delle classi più umili. Nel 1865, mentre predica nel miserabile East End di Londra, di fronte a un pub chiamato Blind Beggar, riceve un invito della London Christian Mission di condurre riunioni regolari nel quartiere, che iniziano il 2 luglio nel vecchio cimitero quacchero di Whitechapel. Booth e la moglie si rendono conto che i poveri più poveri sono la ragion d’essere della loro missione, e fondano una congregazione autonoma chiamata The Christian Mission. Nonostante le capacità dei Booth il ministero non è facile, ma conosce una svolta decisiva nel 1878 quando è adottata un’organizzazione ispirata alla vita militare e il gruppo prende il nome di Esercito della Salvezza.
Le uniformi, i gradi, le fanfare colpiscono l’immaginazione popolare e i giornalisti: il successo è straordinario, e in pochi anni l’Esercito estende le sue attività a diversi Paesi stranieri. Negli Stati Uniti, dove lo porta nel 1880 il più diretto collaboratore dei Booth, George Railton (1850-1913), l’esito sarà particolarmente spettacolare; oggi, con oltre un miliardo di dollari di donazioni ricevute ogni anno, l’Esercito è la maggiore organizzazione caritativa americana in assoluto. Nel 1896, peraltro, la missione americana deve fronteggiare una crisi, quando il secondogenito del generale, Ballington Booth (1857-1940), che si era affezionato al lavoro negli Stati Uniti, rifiuta un trasferimento ordinato dal padre e dà vita a un’organizzazione separata, i Volunteers of America, tuttora esistente, ma oggi dedita esclusivamente a un’attività di tipo sociale. Nell’Europa continentale sbarca, per una missione a Parigi nel 1879, la ventunenne terzogenita del fondatore, Catherine “Kate” Booth (1858-1955). A Parigi è soprannominata “la Maréchale” per lo stile fiero e la capacità di tenere testa a una dura opposizione, che propone gli argomenti e gli stereotipi che oggi sono usati contro le cosiddette “sette”, anche perché non è consueto vedere donne in divisa che predicano agli uomini. Più tardi, Kate sarà coinvolta nella scelta del marito, Arthur Sydney Clibborn (1858-1939), che nel 1902 deciderà di seguire John Alexander Dowie (1847-1907), un predicatore di origine scozzese che nel 1901 aveva fondato la comunità di Zion City, nell’Illinois, intorno alle sue pretese messianiche e alla spiritualità centrata sulle guarigioni della sua Christian Catholic Church.
Questa scelta porterà i coniugi Clibborn – o Booth-Clibborn, come si faranno chiamare – fuori dell’Esercito della Salvezza: Kate concluderà la sua carriera come predicatrice indipendente. Nella stessa Inghilterra non mancano peraltro le opposizioni, anche violente: tenutari di case da gioco, bar e bordelli la cui attività è minacciata dalla presenza nei loro quartieri dai membri dell’Esercito della Salvezza – chiamati “salutisti” – si organizzano in un caricaturale “Esercito dello Scheletro”, con bandiere che inneggiano al peccato e all’Inferno. Booth, con il suo motto “Sangue e fuoco” – il sangue di Gesù Cristo e il fuoco dello Spirito Santo – non demorde, e i fatti gli danno ragione. Quando muore, nel 1912, l’Esercito della Salvezza è già universalmente conosciuto per le sue benemerite attività caritative che svolge ormai in 58 Paesi del mondo, particolarmente nei quartieri più poveri e dimenticati. Gli succede il figlio primogenito William Bramwell Booth (1856-1929), i cui anni di generoso servizio si chiudono tristemente con la crisi che scoppia nei suoi ultimi anni di vita quando, malato, resiste – anche con una causa legale – all’azione dei dirigenti che, nel 1929, intendono deporlo dalla carica ed eleggere il suo successore, ritenendo che il movimento non può restare dinastia della famiglia Booth. Da allora in poi, infatti, il leader mondiale del movimento è eletto da un “Alto Consiglio” formato dai massimi leader internazionali e nazionali e resta in carica per un massimo di sette anni. Il ruolo di Generale è attualmente ricoperto da Linda Bond, terza donna ad assumere l’incarico, eletta nel 2011.
Come è stato osservato, la fama dell’Esercito della Salvezza nel settore della carità e dei servizi sociali ha fatto trascurare, specialmente nell’Europa continentale, il dibattito sulla sua teologia e sul suo inquadramento tipologico. L’Esercito della Salvezza nasce nel mondo metodista, come una parte importante del movimento holiness. Come altre denominazioni holiness si distacca dall’ambiente metodista dove – dopo un iniziale periodo di favore – suscita riserve e contrasti. La perfezione della santità può essere sperimentata, per Booth, attraverso l’accoglimento della grazia di Cristo. Se originariamente l’Esercito della Salvezza giustificava la sua pratica di non amministrare direttamente i sacramenti – rivolgendosi occasionalmente ad altre Chiese – con il timore di deviazioni ritualistiche, oggi ha sviluppato un’articolata teologia nella quale si vede tutta la vita del fedele come un “sacramento” in quanto impregnata e trasformata da quella grazia divina del quale i sacramenti rituali sono segno. L’Esercito della Salvezza – che, naturalmente, è noto soprattutto per la sua terminologia di tipo militare – opera oggi in 122 nazioni in tutto il mondo; benché esso abbia le sue roccaforti storiche in Europa e nei Paesi anglosassoni, il movimento ha attualmente la maggior parte dei suoi “soldati”, cioè membri – stimati in circa 1.500.000 –, in Africa (180.000 soldati in Kenya, 113.000 nello Zimbabwe) e in India (240.000 soldati).
L’attività italiana inizia con l’interesse dei salutisti inglesi per gli immigrati del quartiere di Clerkenwell, la “Little Italy” di Londra. Nel 1884 si apre nel quartiere una “Sala Italiana” – soprannominata affettuosamente “Stalla Alleluja” – e nel 1885 il periodico salutista Il grido di guerra è pubblicato per la prima volta in italiano a Londra. Il responsabile delle attività a Clerkenwell, James Binks Vint (1854-1890), concepisce l’idea di portare l’Esercito in Italia e sbarca a Roma nel 1887. Nel 1888 l’attività, che aveva avuto un inizio promettente, rallenta per una malattia di Vint, che deve rientrare in Inghilterra; una morte prematura lo coglierà a Bruxelles nel 1890. Sulla via del ritorno, Vint ha però tempo d’incontrare a Luserna San Giovanni, nelle Valli Valdesi, Fritz Malan (1863-1930), un giovane di origine valdese che aveva aderito all’Esercito della Salvezza durante un soggiorno a Londra. Malan collabora con Marie Sircoulon (1839-1893), una diaconessa francese venuta dalla Svizzera a dirigere l’Orfanatrofio di Torre Pellice e allontanata proprio per le sue “tendenze salutiste” nel 1887. Grazie a costoro, l’attività dell’Esercito apre un secondo fronte nelle Valli Valdesi. Nel 1892 si ha la prima di cinque visite in Italia del fondatore Booth, e nel 1893 il Quartier Generale italiano è trasferito da Torre Pellice a Torino, quindi a Milano nel 1902 e a Roma nel 1913, dove rimarrà salvo il periodo 1920-1930 in cui sarà trasferito a Firenze.
L’attività si estende lentamente anche al Sud, con successi importanti come quelli di Faeto (Foggia), dove sono aperti un asilo e una scuola e nel 1922 il paese è per metà salutista. Prima della persecuzione fascista, Faeto – come altre imprese salutiste – è vittima del suo stesso successo: le scuole, dove si insegna anche la lingua inglese, preparano i giovani all’emigrazione, e molti convertiti emigrano. Se il 1° febbraio 1923 un Regio Decreto aveva riconosciuto la natura filantropica e religiosa dell’Esercito, nel 1931 il riconoscimento giuridico come ente religioso è negato dal Consiglio di Stato, il quale osserva che l’organismo ha “carattere generico di movimento evangelico, senza riti o princìpi di fede propria, senza cioè una fede che soltanto in essa e per suo mezzo soddisfi un determinato, comune sentimento religioso”. Il fascismo, già prima della guerra, è particolarmente intollerante nei confronti dell’Esercito della Salvezza di cui vede con sospetto la terminologia militare. In un solo anno di repressione, dal 1928 al 1929, i centri italiani si riducono da venti a sette. Con la guerra il governo ordina al glorioso Il grido di guerra di cessare le pubblicazioni nel 1939, e nel 1940 l’attività in Italia cessa; diversi ufficiali dell’Esercito sono arrestati o inviati al confino. L’attività riprende nel 1943 con lo sbarco delle truppe alleate in Sicilia, anche se solo nel 1947 Il grido di guerra può riprendere le pubblicazioni.
Nel dopoguerra anche l’inquadramento giuridico si chiarisce, giungendo a buon fine nel 2009, dopo diversi esperimenti e tentativi. Accanto a The Salvation Army in Italia, oggi il movimento opera nel nostro Paese in base al riconoscimento di personalità giuridica conferito con D.P.R. 20/3/2009 come associazione di culto con il nome Esercito della Salvezza in Italia, con un proprio statuto e un proprio legale rappresentante eletto dai membri in un’assemblea nazionale triennale. Membro della FCEI dal 1982, l’Esercito della Salvezza è oggi presente in Italia con 16 Corpi – le comunità –, 14 Avamposti e 7 Istituzioni, da Torre Pellice (Torino) a Castelvetrano (Trapani), con una trentina di ufficiali in servizio attivo e circa 1.000 membri tra soldati, aderenti e simpatizzanti.
L’Esercito della Salvezza in Italia non è stato sempre capito. Nelle Valli Valdesi, nei suoi primi anni di attività “un’alleanza – non frequente anche se non storica – fu stabilita fra il pastore valdese e il prete cattolico per espellere il comune nemico” (David Armistead, Cristiani in divisa. Un secolo di storia dell’Esercito della Salvezza fra gli Italiani [1887-1987], Claudiana, Torino 1987, p. 62). Questi conflitti sono oggi largamente dimenticati, e l’Esercito della Salvezza è unanimemente considerato parte integrante del protestantesimo italiano, per cui le sue attività caritative e il suo impegno costante nella predicazione del Vangelo costituiscono piuttosto motivo di legittimo orgoglio.
B.: Per un’agile introduzione, cfr. Antonio Lesignoli, L’Esercito della Salvezza. Una introduzione, Claudiana, Torino 2007. Sulla storia cfr. soprattutto Norman H. Murdoch, Origins of the Salvation Army, The University of Tennessee Press, Knoxville (Tennessee) 1995; e – per gli Stati Uniti – Edward H. McKinley, Marching to Glory. The History of the Salvation Army in the United States, 1880-1992, 2a ed. rivista e ampliata, William P. Eerdmans, Grand Rapids (Michigan) 1995; Diane Winston, Red-Hot and Righteous. The Urban Religion of the Salvation Army, Harvard University Press, Cambridge (Massachusetts) – Londra 1999; Pamela J. Walker, Pulling the Devil’s Kingdom Down. The Salvation Army in Victorian Britain, University of California Press, Berkeley – Los Angeles – Londra 2001; Lilian Taiz, Hallelujah: Lads & Lasses. Remaking the Salvation Army in America, 1880-1930, University of North Carolina Press, Chapel Hill (North Carolina) – Londra 2001. Sulle polemiche ottocentesche: Jean-François Mayer, Une honteuse exploitation des esprits et des porte-monnaie? Les polémiques contre l’Armée du Salut en Suisse en 1883 et leurs étranges similitudes avec les arguments utilisés aujourd’hui contre les “nouvelles sectes”, Les Trois Nornes, Friburgo (Svizzera) 1985; Carolyn Scott, The Heavenly Witch. The Story of the Maréchale, Hamish Hamilton, Londra 1981. Sull’Italia: David Armistead, Cristiani in divisa. Un secolo di storia dell’Esercito della Salvezza fra gli Italiani (1887-1987), Claudiana, Torino 1987.