Le Religioni in Italia
Massimo Introvigne - PierLuigi Zoccatelli (sotto la direzione di)
ALTRI GRUPPI NICHIREN
La prevalenza – numerica e culturale – della Soka Gakkai in Italia autorizza a trattare insieme le altre scuole e gruppi Nichiren presenti in Italia, alcuni di origine antica e altra recente, e – come si vedrà – piuttosto diversi fra loro.
Honmon Butsuryu Shu
HBS Italia
Via Piagentina, 31
50127 Firenze
Tel.: 333-1561574
E-mail: segreteria@hbsitalia.it
URL: www.hbsitalia.it
Durante il periodo dello shogunato Tokugawa (1603-1868) il buddhismo giapponese è favorito rispetto allo scintoismo, ma nello stesso tempo – particolarmente verso la fine del periodo – la sua istituzionalizzazione come “religione di Stato” provoca critiche, accuse di corruzione e venalità del clero e movimenti riformatori. Vicende analoghe conosce la tradizione Nichiren, da un lato favorita, dall’altra cristallizzata in istituzioni contro cui si levano le critiche dei riformatori. Fra questi i nomi più noti degli ultimi anni dell’epoca Tokugawa sono Udana-in Nichiki (1800-1859) e Nagamatsu Seifu Nissen (1817-1890), un prete della Honmon Hokke Shu che nel 1857 la abbandona per protesta contro la corruzione che a suo dire ha ormai coinvolto anche le organizzazioni Nichiren e fonda a Kyoto la Butsuryu-Ko. Più tardi il fondatore (chiamato Nissen Shonin o anche Kaido – “fondatore”, appunto – Shonin) modifica il nome dell’organizzazione in Honmon Butsuryu Shu (HBS). Il riferimento è agli otto capitoli dal quindicesimo al ventiduesimo del Sutra del Loto, chiamati appunto nel loro complesso Honmon e considerati i più importanti.
L’iniziativa di Nissen ha l’effetto, a suo modo provvidenziale, di salvare i suoi seguaci prima dalla repressione del buddhismo seguita alla restaurazione imperiale Meiji del 1868, che codifica il moderno “scintoismo di Stato”, poi – fallito il tentativo di totale repressione – dalla successiva fase di istituzionalizzazione, che obbliga anche le numerose organizzazioni Nichiren a fondersi prima in sei e quindi (nel 1941) in tre sole istituzioni riconosciute e ammesse a operare sul territorio giapponese. Con l’avvento della libertà religiosa dopo la Seconda guerra mondiale la Honmon Butsuryu Shu conosce una notevole espansione, e conta oggi su oltre cinquecento templi in Giappone e su un’ampia attività missionaria che ha raggiunto i più importanti successi in Brasile, Corea del Sud, Taiwan e Stati Uniti. In Italia missioni sono state stabilite a Verona, Bologna, Carrara, Prato, Firenze, Roma e Lecce.
La Honmon Butsuryu Shu si rende conto che la frammentazione del movimento che deriva da Nichiren è contraria ai desideri del fondatore, ma riconosce che si tratta di un dato di fatto dovuto alla complessa storia del Giappone e oggi difficilmente superabile. Rivendica però la stretta ortodossia e fedeltà a Nichiren della sua dottrina, e la necessità delle riforme introdotte da Nissen proprio per raggiungere questo obiettivo. Come in altre scuole, pilastri della pratica sono la consegna al discepolo del Gohonzon, copia di una delle pergamene sacre originariamente incise da Nichiren, e la recita – preferibilmente davanti allo stesso Gohonzon – del Daimoku, cioè della formula di preghiera, diversamente trascritta, Nam myoho renge kyo, attraverso la quale il fedele afferma la sua fede nel Sutra del Loto e che la HBS considera più eccellente ed efficace della recita salmodiata dell’intero Sutra (che il fedele è peraltro invitato a leggere e a studiare con devozione). La HBS ritiene pure che solo un Gohonzon consacrato da persone di retta dottrina e attraverso cerimonie di impeccabile ortodossia sia un veroGohonzon, il che la porta ad avanzare dubbi su analoghi oggetti sacri consegnati ai fedeli da altre scuole Nichiren.
In Occidente la HBS è in qualche modo obbligata a definirsi rispetto alla maggiore organizzazione Nichiren presente e nota, la Soka Gakkai. Alla domanda su quale sia la differenza fondamentale fra le due organizzazioni la HBS risponde testualmente che “la Soka Gakkai venera Nichiren Shonin quale Buddha Originale, mettendo in ombra la funzione, il ruolo e l’importanza del Signore Buddha Shakyamuni. La Butsuryushu ritiene che Nichiren Shonin sia la reincarnazione del Bodhisattva Jogyo, il primo discepolo del Signore Shakyamuni, che apparve in questo mondo all’inizio del periodo della Fine del Dharma per agire come Suo messaggero”. È un’affermazione su cui i membri della Soka Gakkai non sarebbero d’accordo, ma che aiuta a mettere a fuoco l’auto-comprensione della HBS in un ambiente dove chiunque parli di buddhismo Nichiren deve fare i conti con le dimensioni e il successo della Soka Gakkai.
B.: Del reverendo Nisso Ryoju Fukuoka, attuale Odoshi (gran sacerdote) del tempio Kofuji di Kobe e vice-presidente del Butsuryushu Research Institute, si leggeranno – scritti in collaborazione con Hisao Muto e Tadoshi Izumoto e tutti pubblicati da Butsuryushu Research Institute, Kyoto: The Teachings of Honmon Butsuryushu (1998),General Guide Line of Honmon Butsuryushu (2001),The Way of HBS. How to Practice, How to Live as HBS Practitioner (2003); A Guide To HBS (2004).
Nipponzan Myohoji
Reverendo Gyosho Morishita
Contrada Canicarao, 100
97013 Comiso (Ragusa)
Tel. e fax: 0932-721282
Nichidatsu Fujii (1885-1985) nasce nella prefettura di Kumamoto, nel Giappone del Sud. Contro il volere del padre – che lo disereda – diventa monaco in uno degli ordini Nichiren e apre una missione vicino al lago Biwa, nei pressi di Kyoto (violando le norme dell’epoca, che limitavano la possibilità di nuove istituzioni buddhiste). Dopo un breve periodo di servizio militare, vive come monaco itinerante secondo la pratica del gyakku shodai, che consiste nel percorrere le strade suonando un tamburello e cantando ildaimoku. Nel 1917 lascia il Giappone per una missione in Cina, dove nel 1918 fonda un tempio che diventerà il primo nucleo dell’ordine Nipponzan Myohoji. Dopo avere fondato altri cinque templi in Cina, nel 1923 si prepara a una missione in Russia. Decide invece di tornare in Giappone per assistere i terremotati, e nel 1924 il primo tempio giapponese Nipponzan Myohoji è fondato sulle pendici del Monte Fuji. Nello stesso anno, Fujii è arrestato per essere entrato in una zona proibita – troppo vicina alla residenza dell’imperatore – allo scopo di offrire preghiere per la sua salute. In prigione inizia il primo di diversi scioperi della fame ed è liberato. Si acquista una fama di asceta con lunghi digiuni, preghiere recitate stando in piedi sotto cascate di acqua gelida (una pratica che ha una tradizione secolare in Giappone) e anche – interpretando letteralmente un brano del ventitreesimo capitolo del Sutra del Loto – procurandosi dolorose bruciature facendo bruciare lentamente bastoncini di incenso sulle braccia (sei profonde cicatrici testimonieranno la sua devozione a questa pratica).
Nel 1930 Fujii lascia nuovamente il Giappone per perseguire un ideale assai diffuso nel mondo buddhista estremo-orientale: il ritorno del buddhismo nella terra delle sue origini, l’India, da cui è praticamente scomparso. Non ottiene molto successo, e nel 1933 visita lo Sri Lanka, dove invece raccoglie un buon numero di discepoli. Nell’ottobre 1933 torna in India, dove trascorre un mese a Wardha, nell’ashram di Gandhi (1869-1948), che incontra due volte e che esercita su di lui una profonda influenza. È interessante notare – come ha rilevato Robert Kisala – che, all’epoca dell’incontro con Gandhi, Fujii non ha ancora abbracciato il pacifismo assoluto. In una lettera consegnata al Mahatma, difende le attività militari del Giappone in Manciuria secondo princìpi di “giustizia”. Nella guerra cino-giapponese, monaci del Nipponzan Myohoji prestano la loro opera come cappellani. Peraltro, già in questa fase del suo pensiero, Fujii considera la guerra come un male necessario, che può essere tollerato per un limitato periodo di tempo e il cui unico scopo legittimo deve essere una pace più sicura.
Come altri pensatori buddhisti giapponesi, Fujii ripensa radicalmente il suo pacifismo dopo la Seconda guerra mondiale e le tragedie di Hiroshima e Nagasaki. Dopo un digiuno a Kumamoto, perviene alla conclusione che l’unico modo di garantire la pace è rifiutare assolutamente la guerra, anche difensiva e “giusta”, abbracciando una “via suprema” in cui l’aggressore, apparentemente vittorioso, sarà sconfitto con mezzi puramente spirituali. Fujii afferma che la pace è stata introdotta in Giappone dal buddhismo e che il Giappone è rimasto in pace quando ha onorato il buddhismo. Il centro di questa fede è lo stupa, il memoriale che contiene le reliquie del Buddha. Fujii si convince che l’erezione di stupa, che chiama “pagode della pace”, è cruciale per assicurare la pace al Giappone e al mondo intero. I lavori per costruire la prima pagoda della pace a Kumamoto iniziano subito dopo la guerra, ma – per le difficoltà dell’epoca – durano fino al 1954, quando intorno alla pagoda si riunisce la seconda sessione della Conferenza mondiale dei pacifisti (la prima si era tenuta nell’ashram di Gandhi a Wardha).
Dopo altre tre pagode della pace in Giappone, la prima all’estero è consacrata nel 1969 in India, in occasione del centesimo anniversario della nascita di Gandhi, in una località vicina a quella dove il Buddha avrebbe predicato il Sutra del Loto. Nello stesso anno, una pagoda della pace è eretta in Giappone sul Monte Kijosumi, dove si dice che Nichiren abbia cantato per la prima volta il daimoku. Per molti – particolarmente al di fuori del Giappone – le pagode della pace hanno un significato simbolico, di monito e incitamento a operare contro la guerra. Per i monaci del Nipponzan Myohoji, tuttavia, le pagode hanno anche un’efficacia specificamente religiosa perché le reliquie del Buddha purificano l’area circostante e aiutano in modo efficace gli sforzi per la pace.
A partire dagli anni 1950 le pagode della pace hanno assunto, sempre di più, un significato di protesta nei confronti dell’imperialismo americano e di quello che Fujii chiama il “tentativo americano di invasione dell’Asia”. I sermoni di Fujii, particolarmente negli anni della guerra del Vietnam, sono caratterizzati da un notevole spirito anti-americano, e gli Stati Uniti sono spesso paragonati al “re demonio” della mitologia buddhista. Sempre più spesso, le pagode della pace sono erette in segno di protesta nei pressi di basi militari americane in Asia, in Europa e negli stessi Stati Uniti. Alcuni critici hanno rilevato come certi sermoni di Fujii – che esaltano i “combattenti per la libertà” (nord-)vietnamiti e la loro guerra contro gli Stati Uniti – sembrano, nuovamente, ammettere eccezioni (questa volta in nome della libertà e della resistenza all’imperialismo americano) alla regola del pacifismo assoluto. Questa continua peraltro a essere proclamata, e a fare del Nipponzan Myohoji – come avviene per tutti i movimenti radicalmente pacifisti – una piccola realtà, il cui ruolo è principalmente di testimonianza.
Quattro anni dopo la morte di Fujii un monaco dell’ordine Nipponzan Myohoji, Jinyu Morishita, inizia a lavorare al progetto di una pagoda per la pace nei pressi della base NATO di Comiso, in Sicilia, la prima pagoda sul Mediterraneo e l’ottantesima realizzata dall’ordine di Fujii. Alta sedici metri, con un diametro di quindici, la pagoda ha l’aspetto tipico dello stupa; è stata consacrata dal reverendo Morishita, assistito da altri cinque monaci del suo ordine, il 24 maggio 1998. All’interno in una buca sono stati deposti settantamila ciottoli, ciascuno con un ideogramma del Sutra del Loto dipinto sopra, in parte arrivati da ogni parte del mondo, in parte preparati dallo stesso Morishita e dai visitatori che si sono recati sul luogo durante i lavori di costruzione. All’inizio del mese di luglio 2004 e 2005 si è tenuta la celebrazione, rispettivamente del sesto e settimo anniversario della consacrazione. Anche se la base NATO di Comiso non è più in attività, la pagoda della pace è diventata un elemento familiare nel panorama di questa zona della Sicilia. Morishita afferma che la sua funzione non è venuta meno con lo smantellamento della base, perché la pace non è soltanto mancanza di guerra ma anche vita pacifica, serena, libera dalle paure, e in questo senso non si può dire che la pace regni oggi in Sicilia.
B.: Tra le fonti primarie sono state tradotte (parzialmente) in inglese l’autobiografia di Nichidatsu Fujii, My Non Violence. An Autobiography of a Japanese Buddhist, Japan Buddha Sangha Press, Tokyo 1975; e una selezione dei suoi scritti: Buddhism for World Peace. Words of Nichidatsu Fujii, Japan-Bharat Sarvodaya Mitrata Sangha, Tokyo 1980. Tra le fondi secondarie, un’eccellente analisi della Nipponzan Myohoji è contenuta nel volume di Robert Kisala, Prophets of Peace. Pacifism and Cultural Identity in Japan’s New Religions, University of Hawai’i Press, Honolulu 1999, pp. 45-57.
La Reiyukai
Via Lazzaroni, 12
20124 Milano
Tel.: 02-67071870
Fax: 02-67074324
E-mail: reiyukai@virgilio.it
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La Reiyukai (“Società degli amici degli spiriti”), considerata il più antico fra i nuovi gruppi della tradizione Nichiren, e da cui – attraverso svariati scismi – origina tutta una serie di movimenti importanti, è fondata da Kakutaro (detto poi Matsudaka) Kubo (1892-1944) e dalla cognata Kimi Kotani (1901-1971). Negli anni 1920 il Giappone attraversa un periodo di cambiamenti – grazie all’impatto con la cultura occidentale – e inquietudine; in particolare, il grande terremoto di Tokyo del 1923 instilla nella popolazione un senso di insicurezza. Kubo, che lavora presso il Ministero della famiglia imperiale, comprende che le persone cercano qualche soluzione per dare ordine alla propria vita ed è per questo che intorno al 1920 incomincia a studiare il Sutra del Loto, a praticare il senzo-kuyo (cioè il ricordo e il culto dei propri antenati) e a formulare il suo pensiero ispirato a una società buddhista laica e ai valori tradizionali e familiari giapponesi.
Grazie anche a una politica di buone relazioni con il governo e di adesione alla mistica imperiale, che riesce a evitare ogni persecuzione, attrae a sé varie persone, fra cui Kimi Kotani, la moglie del proprio fratello maggiore, Yasukichi Kotani (1895-1927). Da questo momento Kotani lavora con Kubo, e nel 1925 i due fondano la Reiyukai, che è formalmente inaugurata a Tokyo nel luglio 1930, registrata ufficialmente nel 1940 e costituita come persona giuridica nel 1946. Nel 1930 Kubo diventa direttore del consiglio di amministrazione e Kotani la prima presidentessa. Dopo la morte del fondatore, la stessa amplia gli scopi di Reiyukai con le attività sociali e crea vari programmi per giovani. Nel 1964 apre la Meiho Junior and Senior High School e nello stesso anno è costruito l’edificio di Mirokusan, un luogo ritirato di addestramento per giovani membri sul Monte Togasa, nella Penisola di Izu. Alla morte di Kimi Kotani, le succede come presidente Tsugunari Kubo (nato nel 1936), il figlio del fondatore.
Nel 1972 è stabilito il primo centro fuori dal Giappone, negli Stati Uniti, che è seguito dalla fondazione di altri centri nel mondo: Brasile e Canada (1975), Filippine (1976), Messico, Italia e Taiwan (1977), Gran Bretagna (1978, chiuso nel marzo del 1998), Perù, Tailandia e Francia (1979), India, Nepal e Paraguay (1983), Spagna (1984), Corea (1988), Bolivia (1996), Sri Lanka (1999). Nel 1978 si tiene la prima conferenza internazionale della Youth Group Society (YGS); l’iniziativa è seguita negli anni da varie altre attività riguardanti il mondo giovanile, compresa la partecipazione a manifestazioni promosse da organizzazioni internazionali. Per quanto concerne gli organismi direttivi, nel 1988 è inaugurato il Concilio Esecutivo della Reiyukai, nel 1993 il Comitato Internazionale e, infine, nel 1996 – anno in cui il presidente Tsugunari Kubo si dimette ed è eletto come successore Yae Hamaguchi – si insedia il Consiglio di Sorveglianza. Nel 2000 si tiene a Tokyo la quarta Conferenza Internazionale della Reiyukai. Il movimento prevede una struttura organizzativa di tipo piramidale, nella quale un membro acquista un ruolo convertendo un altro e divenendo così “genitore spirituale” di un “figlio spirituale”. I principali servizi religiosi si tengono l’8, il 18 e il 28 di ogni mese. Oggi la Reiyukai è presente – oltre che in Giappone, dove conta circa 3.070.000 membri – in diciassette Paesi, per un totale di circa 3.250.000 aderenti complessivi nel mondo. In Italia i membri sono circa trecento. Nel corso della sua storia, la Reiyukai subisce diversi scismi, il più importante dei quali dà vita alla Rissho Kosei-kai.
La Reiyukai si presenta come “una organizzazione internazionale no-profit il cui scopo è promuovere lo sviluppo di tutti gli individui e di tutte le società, senza distinzione di razza, nazionalità, o credo, con l’obiettivo di creare un mondo più pacifico. […] promuove lo sviluppo personale di tutti attraverso la nostra consapevolezza e le nostre azioni come individui, e che un mondo migliore può solo essere conseguito attraverso lo sviluppo di tutti coloro che di quel mondo fanno parte”. Inoltre dichiara: “Lo scopo del Reiyukai è di offrire alle persone un mezzo per sviluppare consapevolezza di sè e comprensione degli altri, fornendo nel contempo mutuo sostegno e guida ai propri amici per poter sviluppare insieme ad essi le potenzialità positive proprie di ognuno e concorrere così, col miglioramento di se stessi e del proprio ambiente, a quello della società in generale e del mondo”.
Dal punto di vista dottrinale, la Reiyukai offre una versione “moderata” del buddhismo Nichiren, con un’enfasi minore sul carattere divino del fondatore e un’assenza della polemica contro le altre religioni e gli altri gruppi buddhisti. Il movimento si basa, in particolare, su due idee principali: la virtù del Sutra del Loto e l’importanza del culto degli antenati. Nel 1928 Kubo e Kotani compilano il Sutra Celeste, che comprende selezioni del Sutra del Loto, realizzato per permettere ai fedeli di recitare quotidianamente il Sutrain meno di mezz’ora, il mattino e la sera. Nel 1933 la raccolta è ampliata con altre selezioni del Sutra del Loto, e al giorno d’oggi questa è ancora il testo fondamentale per la preghiera quotidiana. La pratica del daimoku rimane centrale. Il culto degli antenati (senzo-kuyo) rappresenta un’innovazione verso lo sviluppo di un buddhismo laico nella storia religiosa giapponese, in quanto esso può essere celebrato senza la presenza di un ministro consacrato. Tale forma di culto non è un diritto del solo primogenito – come è tipico del costume tradizionale giapponese -, ma spetta a tutti i familiari onorare gli antenati sia paterni sia materni, in quanto essi sono la sorgente della vita e a loro è dovuto il ricordo e il ringraziamento.
Dagli antenati si riceve il karma e il dimenticarli o il non prestare loro onore è causa di sfortuna. Un’altra pratica diffusa nella Reiyukai è la riunione in gruppi detti hoza, in cui si scambiano le proprie esperienze (alcuni li hanno assimilati a vere e proprie confessioni collettive). Il singolo individuo, secondo l’insegnamento della Reiyukai, non deve solo sviluppare se stesso, ma porsi positivamente in relazione con gli altri, essendo una delle miriadi di forme viventi che esistono sulla Terra. Questa idea si esprime negli anni 1990 con lo slogan “La Vita – Uno scambio dinamico” ed è preceduta nel 1971 dal “Movimento del Viaggio Interiore” (Inner Trip Movement), che ha lo scopo di portare l’attenzione delle persone sulla necessità di conoscere internamente se stesse e – nel 1980 – dal “Movimento dell’Auto-Sviluppo Interiore” (Inner Self-Development Movement), che incoraggia l’individuo a migliorare se stesso nella coscienza della sua unione con tutti gli altri. L’atto di convincere gli altri circa il merito dell’Inner Self-Development (michibiki) è ritenuto fondamentale. Reiyukai si auto-interpreta come un insegnamento spirituale universale atto a fornire non le risposte, ma i metodi attraverso cui le persone possono migliorare. Essa perciò vede il suo insegnamento come completamente compatibile con le altre religioni.
Presso la sede italiana di Milano si tengono riunioni secondo un calendario prestabilito e si svolgono lezioni e corsi di lingua inglese, giapponese e yoga a cadenza settimanale o bisettimanale, nonché – occasionalmente – altre iniziative di carattere culturale.
B.: Fra i testi del movimento: Kimi Kotani, Guide to Reiyukai, Reiyukai Kyodan, Tokyo 1958; ed Eadem, The Blue Sutra Guidebook, Reiyukai, Tokyo 1991. Reiyukai pubblica i periodici Circe, Reiyukaiho (bollettino mensile) e Myoho (rivista mensile per giovani). Tra le fonti secondarie: Helen Hardacre, Lay Buddhism in Contemporary Japan: Reiyukai Kyodan, Princeton University Press, Princeton (New Jersey) 1984; e Peter B. Clarke (a cura di), “Reiyukai Kyodan. ‘Society of Friends of the Spirits’”, in Idem,Bibliography of Japanese New Religions with Annotations and an Introduction to Japanese New Religion at Home and Abroad. Plus an Appendix on Aum Shinrikyo, Japan Library, Richmond (Surrey) 1999, pp. 203-210.
La Rissho Kosei-kai
Rissho Kosei-kai
Castello-2229
30122 Venezia
Tel.: 0041-22-7916261
Fax: 0041-22-7102053
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La Rissho Kosei-kai, uno scisma della Reiyukai, è particolarmente nota in Italia per le sue importanti attività di dialogo inter-religioso. Nikkyo Niwano (1906-1999) è allevato in una famiglia di tradizione zen, ma si converte alla Reiyukai, cui attribuisce la guarigione della figlia da una grave malattia. Apre una latteria con l’intenzione di farne un centro di proselitismo per la Reiyukai. Fra le persone convertite con questo espediente, incontra una donna – Myoko Naganuma (1889-1957) – che sperimenta un “cambio di personalità” dopo l’adesione alla Reiyukai, con l’acquisizione di particolari capacità di tipo sciamanico e divinatorio. Nel 1938 Niwano e Naganuma rompono con la Reiyukai – cui contestano un’interpretazione “magica” dell’efficacia del daimoku – e fondano la Rissho Kosei-kai (“Società per l’instaurazione della rettitudine e della fratellanza”).
Gran parte del successo della Rissho Kosei-kai deriva proprio dal carisma di Myoko Naganuma, sui cui fenomeni straordinari peraltro il movimento insiste meno dopo la sua morte, avvenuta nel 1957. Fin dal 1949, la Rissho Kosei-kai si dota di una divisione giovanile. Di fronte ai problemi – anche di carattere legale – che incontrano in Giappone, Niwano propone alle nuove religioni giapponesi di federarsi, e molte aderiscono nel 1951 alla Federazione delle nuove organizzazioni religiose del Giappone (Shinshuren). La Rissho Kosei-kai si dota di un sistema di scuole e apre nel 1952 l’importante ospedale Kosei. A partire dal 1963 – quando Niwano visita l’Europa e gli Stati Uniti proclamando un messaggio di tipo pacifista e antinucleare – la Rissho Kosei-kai emerge come una delle più importanti organizzazioni buddhiste attive nel dialogo inter-religioso. Questo ruolo è consacrato dalla partecipazione di Niwano nel 1965 al Concilio Ecumenico Vaticano II, completa di un’udienza personale con il Papa Paolo VI (1897-1978).
A partire dal 1970 le Conferenze Mondiali sulla Religione e la Pace (la prima si tiene a Kyoto) riuniscono – all’inizio, con la diretta promozione della Rissho Kosei-kai – leaderreligiosi pacifisti di tutto il mondo. La collaborazione con diverse istituzioni delle Nazioni Unite, con l’Associazione Internazionale per la Libertà Religiosa (di cui Niwano diventa presidente nel 1981), le campagne per la pace e le attività inter-religiose consolidano ulteriormente il ruolo di Niwano, che diventa un interlocutore privilegiato della Chiesa cattolica nel dialogo con i buddhisti, grazie in particolare ai rapporti stabiliti con il movimento dei Focolari e con il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. In alcuni altri ambienti buddhisti questo ruolo di “ambasciatore del buddhismo” attribuito al leaderdi un movimento un tempo criticato per i suoi rapporti con un substrato sciamanistico tipico della religiosità popolare giapponese suscita anche critiche, che coinvolgono la Chiesa cattolica. Già nel 1967, nel suo classico The Rush Hour of the Gods (“L’ora di punta degli dei”, Macmillan, New York), H. Neill MacFarland riassumeva la questione in questi termini e a proposito della Rissho Kosei-kai: “Rappresenta l’autentico buddhismo? Ci sono molti che insisteranno, su basi tradizionali, che non lo rappresenta, e forse si tratta proprio delle persone che devono giudicare. Tuttavia, non è privo di significato il fatto che il primo buddhista invitato dal Concilio Vaticano II come ospite speciale sia stato Nikkyo Niwano. Chi parla a nome del buddhismo? Di questi tempi, chi riesce a farsi dare udienza” (ibid., p. 193).
Non si può peraltro ignorare lo straordinario contributo dato da Niwano e dalla Rissho Kosei-kai in genere – oggi diretta dal figlio del fondatore, Nichiko Niwano (nato nel 1938) – alla diffusione internazionale del buddhismo, e al suo notevole successo. I membri sono oltre sei milioni; le branche 239 in Giappone e sei all’estero (cui si aggiungono nove uffici di rappresentanza). Molta della letteratura della Rissho Kosei-kai cerca di presentare il buddhismo in termini “ecumenici”, accessibili agli occidentali. Rimane tuttavia un’organizzazione Nichiren, legata al primato del Sutra del Loto e alla recita deldaimoku. Sulla base dei motivi che hanno portato all’originaria separazione dalla Reiyukai, Niwano insisteva tuttavia sul fatto che la pratica del daimoku non ha efficacia “automatica”. Si tratta solo di un’affermazione di fede nell’insegnamento del Sutra del Loto e la sua frequente ripetizione non giova a nulla se non è accompagnata dallo studio e dalla messa in pratica degli insegnamenti del Sutra. Inoltre, la Rissho Kosei-kai reagisce contro forme di culto della personalità di Nichiren di altre organizzazioni, considerando Nichiren non il Buddha eterno, ma solo uno speciale messaggero di verità. Come conseguenza, la Rissho Kosei-kai ripudia l’atteggiamento militante ed esclusivistico tipico di una parte del mondo Nichiren, e insiste sul dialogo interbuddhista e inter-religioso.
Come vari studiosi hanno notato, nella pratica giapponese della Rissho Kosei-kai (con cui spesso gli stranieri impegnati nel dialogo inter-religioso non hanno occasione di venire in contatto) permangono elementi tipici della religiosità popolare giapponese: la venerazione degli spiriti degli antenati, la divinazione (soprattutto lo studio del significato simbolico del nome delle persone che aderiscono al movimento), il legame con la figura di Myoko Naganuma. Sono proprio questi elementi di pietà popolare giapponese a suscitare talora le critiche di altri gruppi buddhisti.
B.: L’autobiografia di Nikkyo Niwano, Lifetime Beginner. An Autobiography, trad. ingl., Kosei Publishing, Tokyo 1978, è diventata un classico del pensiero buddhista in generale; di Nikkyo Niwano, in trad. it., si vedano inoltre: Mio padre e maestro: viaggio spirituale, Citta Nuova, Roma 1986; e Shakyamuni Budda: biografia narrativa, Queriniana, Brescia 1982. Cfr. pure A Story of Rissho Kosei-kai, Rissho Kosei-kai, Tokyo 1982. Tra le fonti secondarie, descrive il buddhismo della Rissho Kosei-kai così come praticato in un contesto di montagna giapponese, più legato alla religiosità popolare, Stewart Guthrie, A Japanese New Religion. Rissho Kosei-Kai in a Mountain Hamlet, Center for Japanese Studies, The University of Michigan, Ann Arbor (Michigan) 1988. Sul sito Internet del Movimento dei Focolari sono presenti vari interventi riguardanti i rapporti fra la Rissho Kosei-kai e la Chiesa cattolica in generale e, in particolare, i Focolari medesimi.
Associazione della Nichiren Shu Italia
Tempio Buddhista Renkoji
Via Fossa, 2
15020 Cereseto (Alessandria)
Tel.: 0142-940506
E-mail: revshoryotarabini@hotmail.com
URL: http://nichirenshurenkoji.wixsite.com/nichiren-shu-renkoji
Non è sempre facile distinguere le peculiarità di alcuni fra i vari gruppi che derivano dall’insegnamento di Nichiren Daishonin (1222-1282), tutti accomunati dalla primaria importanza attribuita al Sutra del Loto e agli scritti dello stesso Nichiren. Per comprendere opportunamente le differenze – spesso non irrilevanti – è dunque necessario introdurre alcuni criteri di distinzione, peraltro adottati dagli stessi gruppi, interessati a mettere opportunamente in rilievo, soprattutto nei confronti del pubblico Occidentale e dei propri membri, le proprie specificità. Si deve così notare che all’interno del buddismo Nichiren vi sono diversi lignaggi e scuole derivate dai templi originali fondati dai cosiddetti “Sei Anziani”, ovvero dai sei principali discepoli di Nichiren. Al di sopra dei differenti lignaggi esiste comunque una suddivisione fondamentale, che vede da una parte il lignaggio Itchi e dall’altra il lignaggio Shoretsu, da cui peraltro derivano altre sotto-divisioni. I gruppi appartenenti al lignaggio Itchi sono quelli che ritengono che la prima metà del Sutra del Loto (Shakumon, che mette al centro i temi della vita, della realtà fenomenica e della possibilità da parte di tutti gli esseri viventi di raggiungere l’illuminazione) e Honmon (la seconda metà dello stesso, cioè i capitoli dal quindicesimo al ventiduesimo, in cui sono rivelati la vera identità del Budda e la “Legge Universale” che sostiene tutto l’universo) abbiano la medesima importanza, per quanto una particolare enfasi sia posta sul significato del secondo e del sedicesimo capitolo. A questo gruppo appartengono la Nichiren Shu, altre scuole più piccole, e la Rissho Kosei-kai. Il lignaggio Shoretsu invece afferma che Shakumon è inferiore a Honmon: a questo secondo gruppo appartengono – pur con ulteriori e talora complesse distinzioni – la Honmon Hokke Shu, la Nichiren Shoshu, la Honmon Butsuryu Shu e la Soka Gakkai.
La Nichiren Shu fa risalire le proprie origini direttamente al 28 aprile 1253, quando Nichiren Daishonin recita per la prima volta il daimoku, cioè il titolo e insieme la proclamazione della fede nel Sutra del Loto secondo la formula Nam myoho renge kyo(il settecentocinquantesimo anniversario della fondazione è stato così celebrato presso ogni tempio e centro della Nichiren Shu nel mondo il 28 aprile 2002). Una particolare importanza è attribuita alla figura e all’opera di uno dei sei principali discepoli di Nichiren, Nichiji Shonin (1250-?), ritenuto il primo missionario del buddhismo Nichiren a causa della sua opera di propagazione del messaggio del maestro anche al di fuori del Giappone. Dal punto di vista dottrinale – oltre a ribadire la distinzione fra lignaggioShoretsu e lignaggio Itchi – la Nichiren Shu rivendica come proprie peculiarità l’importanza dello studio degli scritti di Nichiren Daishonin in cui è insegnato il significato del Sutra del Loto, nonché la necessità di mantenere pura la fede nel Sutra, in modo di essere liberati dal ciclo eterno di sofferenze e raggiungere la stessa qualità di vita, saggezza, tranquillità e compassione del Buddha. Da questo punto di vista, la Nichiren Shu, parlando in termini generali – e pur ammettendo divergenze e distinzioni nel contesto dei vari gruppi che si ispirano a Nichiren – della sussistenza di una “Fratellanza Nichiren”, ritiene all’opposto di poter individuare l’esistenza di una linea “esclusivista” nel contesto di parte del lignaggio di Nikko Shonin (1246-1333), un altro fra i sei principali discepoli di Nichiren. A partire all’incirca dall’inizio del quindicesimo secolo, infatti, sotto il nono patriarca Nichiu Shonin (1409-1482), presso il tempio Taisekiji (tempio principale della Nichiren Shoshu) – in virtù di una linea di pensiero che trova le sue origini presso il tempio Nishiyama Honmonji (vicino al Taisekiji e oggi indipendente), fondato da Nichidai Shonin (1294-1394), uno dei discepoli di Nikko Shonin – si afferma una dottrina che sostiene l’idea per cui l’unico e vero Buddha è lo stesso Nichiren Daishonin, riducendo così il Buddha (563-483 a.C.?) a una semplice figura storica. Tutto ciò, secondo la Nichiren Shu, in netto contrasto sia con lo stesso messaggio di Nichiren volto al ritorno alla fede nel Buddha Shakyamuni e nel suo insegnamento fondamentale, sia con l’insegnamento dello stesso Nikko Shonin, che considera il Buddha Shakyamuni il maestro originale del buddhismo e Nichiren Daishonin un grande bodhisattva, meglio la guida di tutti i bodhisattva della Terra (Jiyu no Bosatsu).
In Giappone, il tempio principale della Nichiren Shu, Kuonji, situato sul Monte Minobu (nella prefettura di Yamanashi) deriva la sua fondazione direttamente da Nichiren, nel 1274, mentre la sede amministrativa si trova presso il tempio Ikegami Honmonji a Tokyo. La Nichiren Shu possiede 5.300 templi in Giappone, 12 in America del Nord (Stati Uniti e Canada), 6 nelle Hawaii, 4 in Asia (Sri Lanka, India e Corea) e 4 templi in Europa (Inghilterra, Germania, Belgio e Italia). In Italia la Nichiren Shu si organizza in forma ufficiale a partire dal 2001, inizialmente con il nome Nichiren Shu d’Italia, e dal novembre 2009 con la nuova sigla Associazione della Nichiren Shu Italia. Piccole comunità si ritrovano in tutta Italia, con presenze significative a Roma, in Toscana, nel Meridione e – dall’inizio del 2010 – un tempio a Cereseto (Alessandria), che precedentemente era localizzato a Villasanta, vicino Monza.
Nichiren Shoshu
(non ci sono sedi o templi in Italia; i fedeli che si riuniscono privatamente a Milano e in altre città sono in contatto con l’ufficio internazionale della sede centrale:)
Nichiren Shoshu Taisekiji Overseas Bureau
2057 Kamijo
Fujinomiya City (Shizuoka Prefecture) – Giappone 418-0116
URL (internazionale:) www.nichirenshoshu.or.jp
La separazione – all’interno della più grande fra le scuole che si ispirano a Nichiren Daishonin (1222-1282) – fra i monaci della Nichiren Shoshu e i laici della Soka Gakkai si è consumata negli anni 1990-1991. Seguaci del patriarca Nikken Abe (1922-2019) si sono organizzati in modo completamente separato dalla Soka Gakkai in diversi Paesi. In Giappone i seguaci di Nikken procedono a una separazione radicale dalla Soka Gakkai, che culmina nel 1999 con la distruzione dello Sho-hondo, il tempio principale dove era custodito il Dai-Gohonzon, costruito con le donazioni dei membri della Soka Gakkai di tutto il mondo. Architetti di tutto il mondo inviano lettere a Nikken per farlo desistere dall’intento, considerando il valore artistico della costruzione. Nikken procede, allegando come ragione la fragilità delle fondamenta, ma il motivo del gesto è evidentemente simbolico: eliminare dal centro del suo ordine qualsiasi traccia visibile della Soka Gakkai.
L’espressione più corrente in Giappone per indicare i membri dei templi legati alla Nichiren Shoshu è hokke-ko; si parla anche di danto (“parrocchiani”). Altrove, il movimento assume il nome di Nichiren Shoshu, creando qualche confusione perché per lunghi anni fuori del Giappone – particolarmente negli Stati Uniti – i termini Nichiren Shoshu e Soka Gakkai sono stati utilizzati dal pubblico e dai mezzi di comunicazione più o meno come sinonimi (ancorché non correttamente, perché Nichiren Shoshu era, a rigore, l’ordine monastico cui era collegata la Soka Gakkai come organizzazione laicale). La Nichiren Shoshu, oltre al tempio principale ai piedi del monte Fuji (Head Temple Taisekiji), dispone di ben settecento templi in tutto il Giappone e dieci templi in altri Paesi: Stati Uniti, Brasile, Spagna, Ghana, Taiwan, nonché di dieci uffici di rappresentanza nel mondo. L’organizzazione è inoltre presente in totale in quaranta Paesi – fra cui l’Italia – con un numero complessivo di di circa 600.000 fedeli.
Nel complesso, gli hokke-ko si sono fatti notare per una relazione talora curiosamente simbiotica con i movimenti anti-sette. Da una parte, essi appaiono a diversi studiosi come i più attivi fornitori di materiale ostile alla Soka Gakkai, proveniente dai monaci fedeli al patriarca Nikken e dai loro sostenitori, immediatamente tradotto dal giapponese, a diverse organizzazioni anti-sette. Queste ultime, dal canto loro, spesso comprendono solo parzialmente i complicati problemi giapponesi che hanno portato alla divisione fra monaci e laici, e finiscono per utilizzare il materiale fornito loro dagli hokke-ko per presentare l’intero buddhismo Nichiren – o almeno la variante tramandata dalla Nichiren Shoshu – come un buddhismo “eretico” o “spurio”, senza troppo distinguere fra le sue interpretazioni monastiche e laicali. Gli hokke-ko sono così stati accusati, in diversi Paesi europei, degli stessi “peccati” (dallo sfruttamento economico e dal culto della personalità di Nikken, considerato la reincarnazione di Nichiren, al presunto “lavaggio del cervello”) che la loro propaganda rimprovera alla Soka Gakkai. Dal canto loro, essi ribattono che solo la pratica davanti a un Gohonzon “autorizzato” dal patriarca – dal 2005 Nichinyo Hayase (1935-), che è succeduto a Nikken Abe, così diventando il 68° patriarca – è una pratica “genuina” del buddhismo della Nichiren Shoshu e che per i membri rimasti fedeli alla Soka Gakkai questa legittimità tradizionale è venuta meno.
B.: Cfr. Paul Jean Bessone, De l’illusion spirituelle à l’éveil du Bouddha en ce corps, ou de la confusion de la pensée dans le Bouddhisme et à plus forte raison en dehors, Trois Volets Publications, Parigi 2000.
Hokke Shoshu
Largo Bastia, 11
00181 Roma
Tel.: 06-7853912
E-mail: scuoladelsutra@gmail.com
URL:www.hokkeshoshu.altervista.org
Fra le scuole buddhiste nichireniste in Italia, merita una menzione anche Hokke Shoshu, un piccolo sangha (confraternita buddhista) fondato l’8 dicembre del 2003 da Nichiken N. Tini – monaco buddhista della tradizione Nichiren – principalmente concentrato a Roma (per quanto vi siano altri fedeli sparsi per l’Italia). La parola hokkesignifica “Fiore del Dharma” e si riferisce in particolare al Sutra del Loto, mentre shoshusignifica “vera scuola”, dove per vera si deve intendere “di corretta discendenza”.
Nella Hokke Shoshu si crede che la verità non appartenga in esclusiva a questo o a quel tempio, né a questa o quella persona in particolare, poiché si ritiene che il Dharma non sia proprietà di nessuno e che Buddha abbia fatto il grande dono di rivelarlo. Giacché nel Sutra del Loto (capitolo 21) è scritto “Ovunque nell’universo vi sia chi abbraccia e custodisce, legge e recita, espone e trascrive questo sutra agendo in rigorosa conformità con il suo insegnamento, o in qualunque luogo si trovi una copia di questo sutra, sia in un giardino, in una foresta, sotto un albero, in un monastero, nelle case dei laici di bianco vestiti, in un’aula di meditazione, su una montagna, in una valle o nelle terre selvagge, voi dovrete consacrare uno Stupa (santuario) e fare offerte ad esso”, pertanto Hokke Shoshu professa che ovunque si trovino persone che praticano ilSutra del Loto in accordo con le tre leggi predicate nel medesimo (il Buddha è Eterno: è sempre esistito e sempre esisterà; tutti gli esseri viventi partecipano della natura di Buddha; l’unico modo per essere Uno con il Buddha Eterno è praticare l’assoluta devozione alla mistica verità rivelata nel Sutra del Loto), allora si trova la shoshu, la vera scuola.
Perciò Hokke Shoshu non riconosce a un tempio sacralità e purezza solo perché è un luogo di culto, ma ritiene che un tempio è il Santuario del Buddha Originale (Honmon no Kaidan) solo se vi si predicano, custodiscono e praticano i principi del Sutra del Loto, al di là della scuola o tradizione di appartenenza. Hokke Shoshu è quindi un sangha al di fuori delle scuole, e tuttavia ha i suoi monaci e i suoi rituali, poiché è una confraternita che si basa sulla trasmissione del Dharma attraverso gli insegnamenti del Sutra del Lotopiuttosto che attraverso la trasmissione di un dato tempio o di una data persona, per quanto nobile e virtuosa questa possa essere.
B.: In un’apposita sezione del sito Internet della scuola Hokke Shoshu sono scaricabili testi interni del movimento.
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