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Le Religioni in Italia

Massimo Introvigne - PierLuigi Zoccatelli (sotto la direzione di)

I TABLIGH

islamJama’a at-Tabligh
(Contatti tramite il sito internazionale della fazione di Delhi: http://www.delhimarkaz.com/p/delhi-markaz-contact-page.html)

Jama’a at-Tabligh wa da’wa (“associazione del messaggio” o “gruppo di predicazione”) è un movimento missionario avviato in India negli anni 1880 da Muhammad Ismail (1835?-1898) e fondato negli anni 1925-1927 dal figlio Muhammad Ilyas Kandhalawi (1885-1944). Di fronte alla colonizzazione britannica e alle conversioni di musulmani del subcontinente indiano al cristianesimo dovute all’attività di missionari gesuiti e protestanti, il movimento Tabligh si proclama apolitico, non violento e va alla ricerca di musulmani tiepidi al fine di risvegliarne la fede (solo più tardi si occuperà anche – senza che questo diventi mai lo scopo primario – di convertire non musulmani). Le origini sufi del movimento Tabligh sono oggetto di discussione fra gli studiosi, ma sembrano innegabili. Ilyas, in particolare, apparteneva – sia pure adottando un atteggiamento critico su alcune pratiche – alla branca Sabiriyah della confraternita Chistiyya.

Dopo la morte nel 1944 di Muhammad Ilyas Kandhalawi, il figlio Muhammad Yusuf Kandhlawi (1917-1965) gli succede alla guida del movimento, seguito da un nipote, Inamul Hasan Kandhlawi (1918-1995). A quest’ultimo succede Zubair ul Hassan Kandhlawi (1950-2014), imparentato tramite la moglie con la famiglia del fondatore. Alla sua morte, una parte del movimento riconosce come successore Maulana Muhammad Saad Kandhlawi, nato nel 1965 e pronipote del fondatore. Altri asseriscono che il movimento debba essere guidato da un consiglio (shura) e non da un singolo individuo. Ne risulta la separazione del movimento in due fazioni. Quella guidata da Maulana Muhammad Saad Kandhlawi mantiene il controllo della sede centrale della moschea Nizamuddin Markaz a Delhi e di un buon numero di missioni estere, mentre la “fazione della shura” stabilisce la sua sede presso la moschea Nerul Markaz, a New Mumbai, ed è seguita dalla maggioranza dei membri in Pakistan e Bangladesh.

L’atteggiamento missionario e proselitistico dei Tabligh è alla radice di opposizioni che si sono manifestate nel XXI secolo. In Russia e in alcuni Paesi dell’Asia Centrale (ma non in Kyrgyzstan, dove ha il suo gruppo più consistente tra le repubbliche ex-sovietiche) il movimento è stato messo al bando come “estremista” e in India è spesso oggetto della violenta opposizione dei movimenti nazionalisti indù. Dopo che un’affollata riunione religiosa presso la moschea Nizamuddin Markaz a Delhi agli inizi della pandemia COVID-19 ha portato al contagio di numerosi membri del movimento, le autorità indiane hanno intensificato la repressione dei Tabligh della fazione legata a Maulana Muhammad Saad Kandhlawi. Nei confronti di quest’ultimo è stato emesso un mandato di cattura per omicidio preterintenzionale, cui il religioso si è sottratto rendendosi irreperibile.

Fino agli anni 1940 i Tabligh operano principalmente nei paesi a maggioranza islamica; dagli anni 1950 seguono la diaspora islamica in Inghilterra, negli Stati Uniti, in Canada, fino a estendere la loro attività a tutti i paesi dove vi siano musulmani. L’insistenza sul primato della pietà e della preghiera, e sul carattere apolitico del movimento, mette spesso in contrasto i Tabligh con le correnti fondamentaliste sia radicali sia neo-tradizionaliste (benché in alcuni paesi occidentali – per certi versi paradossalmente – siano nello stesso tempo sospettati dalle autorità di nascondere fra le loro fila militanti radicali). I “sei punti” predicati dai Tabligh consistono nella preghiera, lo studio, il ricordo continuo di Dio, la generosità, la predicazione e la missione. In Occidente i militanti Tabligh adottano un codice di auto-presentazione rigoroso (barba per gli uomini, velo per le donne) che li caratterizza immediatamente di fronte ai musulmani più tiepidi e occidentalizzati.

Molti giovani musulmani in Occidente partecipano al movimento Tabligh per un periodo di tempo delimitato, nel corso del quale spesso compiono un viaggio in India o in Pakistan, dove sono i centri principali del gruppo. Terminato questo periodo – magari adottando una barba più corta – non si dedicano più attivamente alla missione e alla predicazione, ma conservano comunque un atteggiamento devoto. In diversi paesi occidentali i Tabligh svolgono un ruolo indubbiamente positivo nelle “periferie dell’Islam”, dove il ritorno alla religione è fermento di ordine, di regolarità, di lotta alla criminalità e alla diffusione della droga. Questo ruolo rende i Tabligh interlocutori credibili di diversi Stati dell’Europa continentale, e favorisce la loro integrazione in una emigrazione islamica di origine prevalentemente nordafricana non sempre in sintonia con le caratteristiche di origine, tipicamente indo-pakistane, del movimento.

B.: Sul movimento l’opera accademica fondamentale è quella di Muhammad Khalid Masud, Travellers in Faith. Studies of the Tablighi Jama’at as a Transnational Islamic Movement for Faith Renewal, Brill, Leida 2000; cfr. pure Jan Ali, Islamic Revivalism Encounters the Modern World: A Study of the Tabligh Jama‘at, Sterling Publishers, New Delhi 2012. Su Ilyas e le sue relazioni con il sufismo: M. Anwarul Haq, The Faith Movement of Mawlānā Muhammad Ilyās, George Allen & Unwin, Londra 1972. Sulla diffusione nell’Europa latina: Moussa Khedimellah, “Le Mouvement Tabligh en Lorraine”, in AA.VV., Une anthropologie religieuse en Lorraine, Éditions Serpenoise, Metz 2000, pp. 149-162.

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