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Le Religioni in Italia

Massimo Introvigne - PierLuigi Zoccatelli (sotto la direzione di)

GLI AHMADI

islam

Movimento Ahmadiyya nell’Islam (Ahmadiyyat)

Associazione The Ahmadiyya Muslim Jama’at Italia
Tel.: 8005-98005; 051-0544229; 0511-9900451
E-mail: contatti@alislam.it
URL: www.alislam.it
URL (internazionale): www.alislam.org

Mirza Ghulam Ahmad (1835-1908) nasce e vive per la maggior parte della sua vita a Qadian nel Punjab (per cui i suoi seguaci sono talora chiamati qadiani). Negli anni 1880-1884 scrive i quattro volumi dell’opera Barahin-i-Ahmadiyya, destinata a mostrare la superiorità dell’Islam sulle altre fedi, e particolarmente sul cristianesimo, accolta con favore da numerosi ambienti islamici. Nel 1889 annuncia di avere ricevuto una rivelazione divina che gli consente di formare una comunità e di ricevere omaggi particolari dai suoi seguaci. La rottura con numerosi ambienti musulmani ortodossi avviene nel 1891, quando Ahmad proclama di essere insieme il masih (messia, lo stesso titolo dato a Gesù dai musulmani) e il Mahdi atteso per i tempi ultimi per restaurare la fede. Ahmad si scontra insieme con i musulmani ortodossi, che lo dichiarano eretico, con i cristiani e con gli indù (in particolare con il movimento Arya Samaj) con cui continua a polemizzare, proclamandosi nello stesso tempo messia e avatar. Ahmad muore a Lahore il 26 maggio 1908 ed è sepolto a Qadian, tuttora un importante luogo di pellegrinaggio per il movimento.

Il suo successore, il medico Maulvi Nooruddin (1841-1914), assume il titolo di khalifah, con ampi poteri, e organizza la prima missione in Occidente (in Inghilterra), ma non può prevenire una divisione nel movimento, che esplode dopo la sua morte, avvenuta il 13 marzo 1914. La maggioranza della comunità segue la Jama’at-i-Ahmadiyya (Movimento Ahmadiyya), con sede a Rabwah, nel Pakistan, presieduta dal figlio di Ahmad, Mirza Bashirud Mahmud Ahmad (1889-1965), cui succedono con il titolo di khalifah Mirza Nasir Ahmad (1909-1982), Mirza Tahir Ahmad (1928-2003) e Mirza Masroor Ahmad (nato nel 1950).

Una minoranza, con sede a Lahore, si riunisce nella Ahmadiyya Anjuman Isha’at-e-Islam Lahore (Società Ahmadiyya per la diffusione dell’Islam di Lahore), più vicina all’Islam tradizionale, che si sforza di diffondere in Occidente con un minimo di adattamento e con minore insistenza sulla natura messianica del fondatore (che pure rimane venerato). Il Movimento Ahmadiyya, maggioritario, continua a insistere sull’autorità del khalifah e a sottolineare maggiormente le pretese messianiche del fondatore Mirza Ghulam Ahmad, attaccando aspramente come “infedeli” non solo i cristiani, gli indù e gli atei, ma anche i musulmani che non accettano l’Ahmadiyyat come l’unico “vero e reale” Islam.

Con l’emergere dello Stato islamico del Pakistan – e l’espansione mondiale del Movimento Ahmadiyya – inizia un’epoca tormentata, segnata dalle reiterate richieste di gruppi musulmani ortodossi perché entrambe le comunità Ahmadiyya (compresa la più moderata) siano dichiarate “minoranze non islamiche” dal governo pakistano, cosa che comporta gravi conseguenze rendendo impossibile agli ahmadi (che contano nelle loro fila numerosi uomini politici e docenti) la conservazione delle cariche pubbliche e degli incarichi di insegnamento. Dopo una serie di disordini, la dichiarazione del carattere non islamico degli ahmadi è pronunciata dal Parlamento con una modifica costituzionale nel 1974 durante il governo di Zulfikar Ali Bhutto (1928-1979), e successivamente confermata. Negli ultimi anni le controversie, le accuse e le persecuzioni si sono intensificate.

Il conflitto con il Pakistan ha provocato accuse secondo cui gli ahmadi sarebbero in contatto con i servizi segreti indiani e anche con quelli russi. Nel frattempo, gli ahmadi maggioritari di Rabwah (e, in misura minore, il gruppo minoritario e moderato di Lahore) continuano a diffondersi con un proselitismo attivo non solo in Asia ma (soprattutto) in Africa, in Indonesia, negli Stati Uniti e in Europa. Il gruppo maggioritario è presente in 209 Paesi e dichiara oltre dieci milioni di membri.

In Italia – dove Ahmadiyyat dichiara di essere nella fase di organizzazione delle proprie attività – i membri sono alcune centinaia, provengono da origini diverse ‒ in particolare Africa e Asia ‒ e si trovano in varie città, con una presenza maggiormente significativa a Padova, Vicenza, Brescia, Milano, Como, Parma, Bologna e Roma. Il presidente del gruppo è Intisar Malik, di Roma, che succede nell’aprile 2000 ad Abdul Fatir Malik. Ahmadiyya si autofinanzia grazie alle offerte dei membri, è impegnato in attività di natura umanitaria soprattutto in Africa, dove ha costruito e gestisce scuole, ospedali e altre strutture. La sede internazionale principale di riferimento per gli ahmadi italiani è a Londra, dove un canale televisivo satellitare trasmette programmi religiosi.

Gli ahmadi si considerano seguaci dell’Islam nella sua forma più vera e più autentica, e rigettano con vigore qualunque accusa di eresia e di deviazione. Non c’è dubbio, tuttavia, che pur utilizzando – a proposito del messaggio che avrebbe ricevuto da Dio – prevalentemente l’espressione ilham (che designa le rivelazioni concesse ai santi e ai profeti), che sarebbe ancora accettabile in un contesto islamico tradizionale, da un punto di vista sostanziale Mirza Ghulam Ahmad rivendichi per le sue rivelazioni l’autorità immediata e infallibile che dovrebbe contraddistinguere soltanto il Corano. I musulmani ortodossi accusano inoltre Mirza Ghulam Ahmad di considerarsi un “nuovo profeta”, mentre nessun profeta potrebbe sorgere dopo Muhammad, e in ogni caso non potrebbe apportare una nuova legge. È vero che all’interno dell’Islam le discussioni intorno al termine “profeta” hanno prodotto risultati tutt’altro che univoci, e che anche fra gli ahmadi non mancano posizioni più sfumate sul ruolo del fondatore, ma non c’è dubbio che Mirza Ghulam Ahmad si sia presentato come “il Messia Promesso” e un “profeta”, sia pure attraverso la formula più sfumata “nello stesso tempo profeta e seguace del Santo Profeta” (cioè di Muhammad).

Nello stesso tempo Mirza Ghulam Ahmad si presenta ai cristiani come “la seconda venuta del Cristo”, non nel senso che in lui sia ritornato sulla Terra Gesù di Nazareth, ma piuttosto volendo significare che il nuovo messia è venuto “nello spirito e nella potenza di Gesù”. Per sostenere questa pretesa gli ahmadi considerano loro dovere confutare il cristianesimo, negando il suo elemento centrale: la dottrina della morte e della resurrezione di Gesù Cristo. Elaborando su un testo della quarta Sura del Corano (in cui si afferma di Gesù che “né lo uccisero né lo crocifissero, bensì qualcuno fu reso ai loro occhi simili a lui”: Cor., 4:157), e su una serie di leggende popolari islamiche e indiane, gli ahmadi ritengono che Gesù sia stato crocifisso, ma non sia morto sulla croce. Deposto dalla croce ancora vivo, sarebbe stato guarito attraverso l’applicazione di un unguento prodigioso, marhan-i-Isa, la cui formula sarebbe stata comunicata per rivelazione ai discepoli, e si sarebbe recato a predicare il Vangelo alle tribù perdute di Israele in Afghanistan e nel Kashmir. In quest’ultimo paese sarebbe morto all’età di 120 anni, e ancora oggi la sua tomba può essere visitata a Srinagar.

L’atteggiamento dell’Ahmadiyyat a proposito di Gesù è ambivalente, perché da una parte si attaccano come leggende alcuni elementi importanti della dottrina che lo riguarda, mentre dall’altra lo si venera come maestro e profeta. Un altro aspetto che ha provocato dissensi fra ahmadi e ambienti musulmani ortodossi è la dottrina di Mirza Ghulam Ahmad sulla guerra santa (jihad), che Ahmad dichiarava “vietata” per i tempi moderni, e destinata a essere sostituita integralmente dalla predicazione pacifica dell’Islam. E a causa di questa dottrina che Ahmad è stato spesso accusato di essersi posto al servizio della potenza coloniale inglese, anche se la sospensione o l’abbandono della jihad va piuttosto letta all’interno della complessiva predicazione degli ahmadi. Infine, un elemento importante di contrasto è l’esclusivismo del Movimento Ahmadiyya, che – come accennato – arriva fino a considerare “infedeli” anche i musulmani che non ne accettano il messaggio, e che spiega la struttura gerarchica del gruppo, l’enfasi sul ruolo del khalifah e il proselitismo particolarmente attivo, causa a sua volta di conflitti e persecuzioni.

B.: Sulle origini: Yohanan Friedmann, Prophecy Continuous. Aspects of Ahmadi Religious Thought and Its Medieval Background, University of California Press, Berkeley – Los Angeles – Londra 1989. Tra le fonti primarie, in trad. it.: Hazrat Mirza Ghulam Ahmad, La filososofia degli insegnamenti dell’Islam, Islam International Publications, Islamabad – Tilford (Surrey) 1987. Il movimento pubblica la rivista The Review of Religions.

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