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Le Religioni in Italia

Massimo Introvigne - PierLuigi Zoccatelli (sotto la direzione di)

L’UNIONE INDUISTA ITALIANA E I CENTRI AFFILIATI

induismo Unione Induista Italiana (Sanatana Dharma Samgha)
Via Arno, 38
00198 Roma
Tel.: 06-37351337
Fax: 06-3723390
E-mail: dharmin@tin.it
URL: www.hinduism.it

L’Unione Induista Italiana è una confessione religiosa sorta per la tutela, la coordinazione, lo studio e la pratica dell’induismo (Sanatana Dharma). Ispirata a princìpi di fratellanza, pace, tolleranza e armonia, secondo i dettami delle religione induista, è stata fondata nel 1996 grazie agli sforzi di Svami Yogananda Giri, con la collaborazione dell’ambasciata indiana in Italia e di ambienti universitari che si occupano di induismo.  Svami Yogananda Giri appartiene a uno dei dieci ordini tradizionali monastici indù, l’ordine dei Giri, ed è la guida spirituale del Gitananda Ashram. Lo statuto fa riferimento a un’associazione che opera “per la tutela, la coordinazione, lo studio, la pratica della religione e della cultura Induista”, anche se l’Unione ritiene preferibile al neologismo “induismo” – considerato di origine puramente etnico-geografica – la più tradizionale terminologia Sanatana Dharma, le “eterne leggi divine universali”, che indica una realtà che non ha origine se non in sé stessa, né fondatori. L’Unione Induista Italiana promuove esplicitamente la pratica del culto induista “officiato da panditji e svamiji appartenenti alla pura tradizione Induista”, oltre al coordinamento fra le varie presenze dell’induismo in Italia.

Per quanto riguarda i rapporti con le istituzioni, l’Unione Induista Italiana è stata riconosciuta, come confessione religiosa, con Decreto del Presidente della Repubblica del 29 dicembre 2000. Nel 2003 i suoi ministri di culto sono stati ufficialmente riconosciuti dal Ministero degli Interni. Il 4 aprile 2007 è stata firmata l’Intesa tra l’Unione Induista Italiana – rappresentata dal suo presidente, avvocato Franco Di Maria Jayendranatha – e la Repubblica Italiana, in persona del Presidente del Consiglio Romano Prodi, approvata dal Parlamento dopo un non breve iter l’11 dicembre 2012. Nel 2009 l’UII ha fondato la Casa Editrice Laksmi, la cui aspirazione è quella di “portare l’Oriente a Occidente”, cioè di essere un ponte tra la civiltà indiana e la moderna cultura europea. Obiettivi della nuova casa editrice sono: la pubblicazione di opere inedite appartenenti all’antica letteratura religioso-spirituale dell’India, la traduzione di opere dalla lingua sanscrita, la divulgazione di testi che promuovono il dialogo interreligioso, la promozione del dialogo interculturale.

L’Unione Induista Italiana rappresenta certamente un esperimento importante e interessante. Secondo il rapporto Eurispes “L’Induismo in Italia” del 2019 – frutto di un’indagine che ha coinvolto 330 induisti italiani e 519 induisti di origine straniera residenti nel nostro Paese – si riconoscono rappresentati in essa il 70,5% degli induisti stranieri in Italiani (pp. 63-64) e l’89,4% dei cittadini italiani di fede induista (pp. 110-111). Hanno sin qui aderito all’Unione Induista Italiana un certo numero di centri e gruppi ‒ fra questi, il Centro Yogananda Ashram di Roma, fondato nel 1979; l’Associazione Tripura Vidya di Saronno (Varese), fondata nel 1995; il Centro Nisargadatta Ashram di Pisa, sorto nel 1979 ‒ che appartengono a specifiche tradizioni induiste, mentre la maggior parte dei movimenti internazionali d’ispirazione induista che operano in Italia non hanno aderito all’Unione, anche se alcuni mantengono rapporti di cordiale collaborazione.

Negli ultimi anni uno sviluppo di notevole interesse è il rapporto sempre più stretto tra l’U.I.I. e comunità, talora molto numerose, d’immigrati di religione induista. Tra queste, una particolare articolazione è costituita dalle popolazioni tamil provenienti dallo Sri Lanka – oggetto di una ricerca di Giuseppe Burgio – che soltanto a Bologna contano su una comunità induista di circa cinquemila fedeli, mentre altri gruppi rilevanti di tamil induisti esistono a Palermo – tremila persone, che tra l’altro partecipano regolarmente alle festività di Santa Rosalia in un curioso esempio di dialogo interreligioso “dal basso” –, Catania, Lecce, Napoli, Reggio Emilia, Torino e Bergamo. Un certo numero di questi circa quarantamila fedeli induisti tamil visita periodicamente il tempio di Altare (Savona).

B.: Dal 2000 l’Unione Induista Italiana pubblica la rivista Induismo. Sanatana Dharma. Si veda pure Swaminj Hamsananda Giri, “Unione Induista Italiana (Sanatana Dharma Samgha)”, in Eugenio Fizzotti – Federico Squarcini (a cura di), L’Oriente che non tramonta. Movimenti religiosi di origine orientale in Italia, Libreria Ateneo Salesiano, Roma 1999, pp. 225-242. Sull’immigrazione tamil in Italia e il suo rapporto con l’induismo, cfr. Giuseppe Burgio, La diaspora interculturale. I Tamil in Italia, ETS, Pisa 2007. Tra le pubblicazioni della Casa Editrice Laksmi, cfr. la collana Upanisad dello Yoga, diretta da Stefano Piano.

Il Gitananda Ashram

Gitananda Ashram
Località Pellegrino, 1
17041 Altare (Savona)
Tel.: 019-584692
Fax: 019-584838
E-mail: gitanandashram@tin.it
URL: www.ashramgita.com

Negli anni 1970 un italiano appassionato di induismo, Paolo Valle (Svami Yogananda Giri), nato a Genova nel 1943, incontra un maestro del Tamil Nadu, Svami Gitananda Giri (1905-1993), nato in India e guida spirituale del Sri Kambliswamy Madam di Pondicherry; è iniziato nell’ordine monastico Giri – uno dei dieci dashanami, “ordini ortodossi” codificati da Adi Shankara – e assume il nome di Yogananda. Dopo avere fondato un centro yoga nel 1971, nel 1984 apre un ashram induista nell’entroterra ligure, in provincia di Savona, dove sorge il primo tempio induista costruito in Italia, nonché uno dei più grandi d’Europa, dedicato alla “Divina Madre Sri Lalita Tripura Sundari”.

La tradizione non dualista pervenuta a Yogananda tramite il suo maestro Svami Gitananda Giri ‒ la cui posterità spirituale è oggi inoltre nelle mani della sua discepola e moglie Yogarcharini Meenakshi Devi Bhavanani, direttrice dell’International Centre for Yoga Education and Research ‒ è considerata fra le più antiche ed è fatta risalire a un remoto veggente, il rishi Brigu. Ogni tradizione spirituale induista fa riferimento, infatti, a uno yogarishi di discendenza. Svami Yogananda Giri è inoltre iniziato – nel 1984 – nello Saiva Siddhanta dallo sivacharya V.K. Mangaleshvara e con purnabisheka da Basavanna Svamigal, del Kapalesvara Math e dai famosi siddha M. Booshanam Swamigal e Purnananda Swamigal di Tanjiore per quanto riguarda il culto Shakta Samaya – di carattere tantrico –, incentrato sull’adorazione della Madre Divina, soprattutto nella sua espressione di Lalita Tripura Sundari. Al Gitananda Ashram si seguono così tre tradizioni:

(a) la tradizione ortodossa monastica dell’ordine dei Giri, per i quali l’ashram è anche un centro di preparazione per coloro che desiderano diventare monaci intraprendendo la via della rinuncia (samnyas);

(b) la tradizione dello Saiva Siddhanta, diffusa soprattutto nell’India meridionale, e in particolare nel Tamil Nadu, incentrata sull’adorazione di Shiva come Dio assoluto. I suoi insegnamenti derivano dai testi sacri denominati Agama e dalle istruzioni trasmesse attraverso la linea dei diciotto “mistici siddha“. La sua pratica evolutiva è espressa mediante il siddhanta yoga: ogni tecnica yogica è sviluppata alle sue massime potenzialità, per mantenere in armonia il corpo e la mente. Infatti, all’interno di tale sistema sono considerate innumerevoli tecniche per tutte le possibili necessità dell’uomo, a seconda della sua condizione fisica, salute, livello spirituale, sete di conoscenza, aspirazione e devozione;

(c) il culto Samaya. Si tratta di una tradizione shakta considerata nel Tantra di grande completezza e raffinatezza. Tale culto si fonda sull’adorazione della Madre Divina, simboleggiata dallo Sri Chakra o Sri Yantra, ovvero l'”eccellente diagramma mistico” rappresentante le potenze della Madre Divina in forma grafica. La sua autorità è espressa nelle scritture dei Devi Agama, e la sua metodologia yoga si trova nell’intero sistema tantrico del Laya Yoga o Kundalini Yoga.

Al Gitananda Ashram si studiano i testi sacri induisti, il sanscrito, le arti tradizionali – come la danza Bharata Natyam –, la musica e il canto devozionali; l’ashram è inoltre un importante centro per lo studio della medicina ayurvedica e l’astrologia indiana jyotisha. Il rituale (puja) è celebrato ogni giorno, ma in particolare ogni venerdì e domenica mattina si svolgono speciali shakti puja. Vi è inoltre un tempio dedicato al Signore Dattatreya, sintesi della Trimurti. I templi sono al servizio sia delle comunità d’induisti immigrati in Italia sia di praticanti italiani e vi si celebrano i principali riti legati al culto induista: iniziazioni, matrimoni e altri sacramenti. Presso l’ashram soggiornano venti residenti, dei quali dieci samnyasin – “rinuncianti”, termine spesso tradotto in italiano con “monaco” – e dieci brahmacarin, persone entrate nell’ashram per seguire gli insegnamenti di Svami Yogananda. I fedeli assidui sono un centinaio e i simpatizzanti fra i trecento e i seicento. Centrale per la vita dell’ashram è il satsangha (“assemblea nella verità”), durante il quale i fedeli dialogano con il maestro e ricevono risposte appropriate.

B.: Fino al 1999 il Gitananda Ashram, in collaborazione con l’Unione Induista Italiana, ha pubblicato la rivista di cultura induista, yoga e tantra Sri Vidya, sostituita, fino al 2006, dal periodico Induismo nel mondo. In chiave etnografica, cfr. Javier González Díez, “Disciplina, contingenza, flessibilità. Costruzioni sociali del tempo in un asram hinduista in Italia”, Humanitas, anno LXIX, n. 3, maggio giugno 2014, pp. 459-473. Fra le pubblicazioni a uso interno, cfr. Centro Yoga Sadhana (a cura di), Siva Samhita, Cogoleto (Genova) 1982.

Il tempio induista di Pegognaga

Associazione Shri Hari Om Mandir
Via Caramasche
46020 Pegognaga (Mantova)

Il 3 aprile 2011 il console generale dell’India a Milano, Sanjay Kumar Verma, ha posato in frazione Polesine del comune di Pegognaga (Mantova) la prima pietra di un complesso di edifici di 1.400 metri quadrati – su un’area complessiva di 4.000 metri quadrati – con il secondo tempio induista in Italia dopo quello di Altare (Savona). L’iniziativa è partita da un gruppo di oltre trecento immigrati indiani delle province di Mantova e Reggio Emilia che hanno costituito sia l’Associazione Shri Hari Om Mandir – in buoni rapporti con l’Unione Induista Italiana, di cui tuttavia l’associazione non fa parte (ma che menzioniamo in questa sezione per sottolineare l’aspetto istituzionale di questa iniziativa) – sia una parallela società commerciale, la Futura General Company.

Gli immigrati, che si radunavano in precedenza in un piccolo luogo di culto a Fabbrico (Reggio Emilia), hanno affidato all’architetto Giovanni Galafassi il progetto e la costruzione di un vero e proprio tempio, con una cupola bianca e dorata alta undici metri, ed edifici di servizio attigui, come il luogo dove togliere le scarpe o fare le abluzioni. Poiché i culti induisti prevedono un banchetto, a fianco sorge un ristorante con cucine e servizi per oltre cinquecento commensali. Non solo gli immigrati induisti dallo Sri Lanka, ma anche quelli dall’India cominciano, come si vede, a sentire l’esigenza di organizzare la loro pratica religiosa in Italia.

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