Le Religioni in Italia
Massimo Introvigne - PierLuigi Zoccatelli (sotto la direzione di)
LO SRI PREMANANDA TRUST
Centro di Unità Premananda
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05022 Amelia (Terni)
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Premkumar Malavarayar (1951-2011) nasce il 17 novembre 1951 a Madale (Sri Lanka). I genitori lo chiamano affettuosamente Ravi (“Sole”). Secondo i suoi discepoli, fin da giovanissimo ha la capacità di materializzare oggetti, zucchero e cenere sacra vibhuti. A diciassette anni è iniziato come rinunciante. I suoi fedeli narrano che il giorno dell’iniziazione la sua veste cambia improvvisamente colore, diventando arancione, e una mano invisibile fa scendere una sciarpa sulle sue spalle. Prende il nome di Swami Premananda (da prema, “amore”, e ananda, “felicità assoluta”). Fonda un ashram inter-religioso a Colombo, frequentato da induisti, buddhisti, cristiani e musulmani, dove accoglie diversi orfani e comincia a ricevere anche discepoli occidentali.
Nel 1983, nel quadro dei moti interetnici che insanguinano lo Sri Lanka, l’ashram è incendiato, e Premananda decide di trasferirsi in India, nella località oggi chiamata Premananda Nagar presso Viralimalai, nel Tamil Nadu, regione di cui la sua famiglia è originaria. Il nuovo ashram è qui inaugurato nel 1987, con un orfanatrofio che accoglie mille bambini, una scuola inferiore e una superiore, ed è visitato da diversi maestri indiani fra cui Swami Chidananda della Divine Life Society e Swami Gusthananda (1907-1993) della Missione Ramakrishna.
Lo stesso Sri Ramakrishna e Swami Vivekananda sono punti di riferimento importanti per Premananda, la cui spiritualità è peraltro eclettica. Premananda materializza tre statue che raffigurano Ganesh, Krishna e la Madre Divina (Ammam). L’abluzione rituale delle statue (abishekam) e il tradizionale canto dei bhajan sono al centro della vita dell’ashram. Questo onora la divinità nel suo aspetto femminile di Madre Divina e maschile di Shiva. Quanto al primo, la gestione dell’ashram è affidata principalmente a donne, e tra i nove discepoli che hanno ricevuto l’iniziazione diksha solo due sono uomini. Quanto al secondo, ogni anno – in occasione delle feste Mahashivaratri (febbraio-marzo) – dapprima escono dalla bocca di Premananda dei lingam di Shiva, quindi egli soffia cenere sacra vibhuti, cui è attribuito un grande potere di purificazione e guarigione.
Nell’agosto 1994, in occasione dell’inaugurazione della scuola media superiore Premananda High School, una crisi scoppia all’ashram. Non tutti condividono la scelta di Premananda di nominare donne alle cariche direttive piè elevate e l’opposizione si manifesta quando il maestro nomina presidente dell’ashram e suo futuro successore spirituale Madre Divya (Ilaya Peetham), nata nel 1963 nello Sri Lanka e in contatto con Premananda, di cui i genitori sono discepoli, fin da quando aveva tre anni. è Divya che guida quotidianamente l’abishekam della statua della Madre Divina e che si reca periodicamente in Europa per benedire i discepoli con cinque lingam materializzati da Premananda. L’opposizione si coagula intorno a un discepolo indiano, Swami Gunananda, che aspira a sua volta alla presidenza dell’ashram ma finisce per esserne allontanato. All’interno dell’ashram un sostenitore di Gunananda, Ambikananthan, fa causa comune con Mark Dennis ‒ un discepolo americano cui Premananda ha rifiutato l’iniziazione ‒ e Anand Mohan, un devoto indiano frustrato dal parere negativo di Premananda nel suo intento di sposare la discepola tedesca Ella Combé. Questi tre personaggi denunciano Premananda alla giustizia indiana, accusando il maestro di avere violentato diverse allieve della scuola superiore e producendo come testimone una di loro, Suresh Kumari, e una discepola trentenne. In seguito affermano che, nel 1991, Premananda avrebbe ordinato e personalmente guidato – con la collaborazione, fra gli altri, dello stesso Ambikananthan, che, pentito, testimonia ora contro il maestro – l’omicidio di Ravi Sithambaranathan, un giovane singalese che soffriva di problemi psichiatrici e che avrebbe scoperto la relazione del maestro con diverse allieve della scuola.
Le accuse sono riportate da una stampa “laica” indiana che non perde occasione di attaccare i guru e il crescere della loro rilevanza anche sociale e politica. Il 17 novembre 1994, in occasione del compleanno di Premananda, duemila fedeli si riuniscono nell’ashram per manifestargli il suo sostegno. Il 18 novembre oltre cento poliziotti armati fanno irruzione nell’ashram, arrestano Premananda e fermano dieci ragazze della scuola superiore, che sono condotte al posto di polizia di Pudokkottai. Qui, secondo il racconto successivo di otto di loro – che al processo ritrattano le dichiarazioni del 1994 –, agenti di polizia femminile le inducono a confessare di avere avuto relazioni sessuali con Premananda minacciandole, bastonandole e utilizzando aghi che sono loro infilati sotto le unghie. La sentenza del 20 agosto 1997, pure sfavorevole a Premananda, ammette che nei confronti delle ragazze può essere stata usata una “leggera forza, il cui uso era peraltro essenziale per fare uscire le vittime dalla loro reticenza”. Due delle ragazze mantengono peraltro le accuse, e il 20 agosto 1997 Premananda è condannato in primo grado dal Tribunale di Pudokkottai. Il 26 aprile e 10 maggio 1998 riceve un permesso per celebrare i riti funebri in onore della madre defunta, ma rimane in prigione. La sua vicenda giudiziaria è, per la verità, assai complessa e collegata a questioni relative al ruolo dei guru nella vita sociale indiana e all’atteggiamento delle autorità indiane nei confronti dei rifugiati dallo Sri Lanka. Peraltro, accuse non troppo dissimili sono state formulate anche contro Sathya Sai Baba.
L’arresto e la detenzione di Premananda non hanno distrutto il suo ashram, che sembra anzi prosperare sotto la guida di Madre Divya, né la rete internazionale di centri che si ispirano al maestro indiano, presenti negli Stati Uniti, Messico, Regno Unito, Svizzera, Svezia, Polonia, Francia, Italia, Argentina, Belgio, Olanda, Costa d’Avorio, Spagna, Sri Lanka, Africa, Australia, Canada, Giappone, e che hanno piuttosto trovato nella richiesta di un processo equo nei confronti di Premananda una ragione di impegno e di testimonianza. Premananda muore il 21 febbraio 2011: le sue spoglie sono rimaste nell’ashram dal 23 al 28 febbraio vegliate e onorate dai suoi fedeli; il 28 febbraio “l’involucro del divino maestro” è stato portato al tempio dell’ashram Shiva Shakti, dove il suo corpo è stato consacrato alla terra.
In Italia sono presenti gruppi a Novate (Milano) e Padova, e veri e propri “centri” ad Amelia (Terni), dov’è stato fondato il Centro di Unità Premananda ‒ che organizza incontri, corsi, seminari, escursioni, celebrazioni e collabora con altri gruppi che hanno le stesse finalità ‒ e Torino. In quest’ultima città, fino al dicembre 2000, Gabriella Vigna – uno dei referenti italiani di Premananda – ha animato anche l’Associazione Il Risveglio, consacrata però alla medicina olistica e non legata di per sé al network che fa riferimento al maestro indiano. I discepoli italiani insistono sul fatto che l’insegnamento di Premananda non incita ad abbandonare la propria religione, per molti discepoli cattolica: unisce e non divide, e chiede piuttosto di vivere un’esperienza di unità all’interno della religione di origine. Sentimenti simili sono spesso espressi dai discepoli italiani di Sathya Sai Baba e non manca chi, nei pellegrinaggi dall’Italia in India, visita sia quest’ultimo, sia l’ashram di Premananda.
B.: In italiano si consulterà, di Swami Premananda, Divina Beatitudine. Insegnamenti di saggezza, a cura di Sergio e Rosa Domian, Mediterranee, Roma 1995. L’organizzazione pubblica, anche in italiano, la rivista spirituale mensile Prema Ananda Vahini.